Il 10 novembre del 1948, all’indomani della seconda guerra mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava e proclamava la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, uno dei più significativi, e attuali, documenti della storia recente del mondo

75 anni dopo, dal 4 al 15 dicembre del 2023, l’Italia si è fatta promotrice, al Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra, dell’importante mostra “Arte italiana e Diritti Umani”, a cura di Ilaria Bernardi, promossa dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione dell’Associazione milanese Genesi, che dal 2020 è impegnata nella difesa dei Diritti Umani attraverso l’arte contemporanea. La mostra è stata inclusa nel quadro della campagna promossa dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) per il 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Collectible DRY ha intervistato Ilaria Bernardi, curatrice della mostra.

L’Italia protagonista di un importante evento che ha portato la nostra arte a rappresentare il tema fondamentale dei diritti umani.

Il nostro Paese si è aggiudicato un bando che ha coinvolto tutti gli stati membri dell’unione. Abbiamo testualmente sbaragliato la concorrenza proponendo una retrospettiva sull’arte italiana dimostrando come sia sempre stata collegata al sociale e alle tematiche ecologiche, si pensi al lavoro del Maestro Pistoletto che ha anticipato con i suoi lavori ciò che oggi è diventato attualità.

Che taglio ha voluto dare alla mostra?

Un taglio storico-artistico intergenerazionale che fosse una connessione tra singole opere e il diritto espresso dalla Dichiarazione Universale.

Le opere dei 16 artisti selezionati sono state raccolte nella grande sala di fronte alla Sala del Consiglio dei Diritti Umani. Ad ogni artista è stato dedicato uno spazio all’interno del quale sono state esposte una o due sue opere, corredate da un testo di approfondimento che le ha idealmente collegate a un tema focale della Dichiarazione. La mostra ha delineato così una narrazione per “capitoli” successivi (gli spazi dei singoli artisti) che nel loro insieme hanno ripercorso concetti chiave della Dichiarazione Universale.

Al centro della Sala del Consiglio dei Diritti Umani sono collocate le opere dei tre grandi Maestri: la Venere degli stracci (1967) di Michelangelo Pistoletto, tre esemplari dell’Enciclopedia Treccani (1970) di Emilio Isgrò, e Atleti di Ercolano (1985) di Mimmo Jodice, che, se osservate oggi, sembrano rinviare idealmente a tematiche molto attuali quali la sostenibilità ambientale, il diritto all’istruzione e la tutela del patrimonio artistico.

Attorno a questo nucleo centrale, si sono organizzati, l’uno accanto all’altro, gli ambienti dedicati agli artisti delle generazioni successive, le cui opere, in base ai temi ad esse intrinseci, sono state associate a un tema cardine della Dichiarazione.

Il video NUI SIMU [That’s Us] (2010) di Marinella Senatore realizzato attraverso la libera partecipazione di ex minatori di Enna, utile per ricordare il diritto a un lavoro dignitoso, mentre l’opera They Will Say I Killed Them (2017-2018) di Danilo Correale, reinviando a sei film mai girati perché bloccati dalla censura, permette di approfondire il tema, già insito nell’opera partecipativa di Senatore, relativo al diritto di libertà di espressione.

Associata alla libertà di espressione e al contempo al tema dei diritti alla salute, è invece Still life (2023) di Irene Dionisio che riporta alle tragedie e all’isolamento del Covid e al ruolo suppletivo affidato in tale contesto alla dimensione digitale. Utili per ricordare il diritto alla salute sono altresì On Walking (2017) e Alfabeto (2018) Rossella Biscotti che narrano di una complessa riabilitazione ottenuta anche grazie al progresso della tecnologia medica.

Ulteriore diritto fondamentale è quello a un ambiente sano e sostenibile, che permetta all’uomo un contatto diretto con la natura. A tale diritto sono associate le Meridiane (2020) disegnate daStefano Arienti seguendo le luci e le ombre create dal sole sulla carta, e En route to the South (2015) and En route to the South, learning to be nomadic (2017) di Elena Mazzi che affrontano il tema della agricoltura sostenibile con particolare attenzione all’apicoltura.

Senza titolo (2019-2021) di Francis Offman, sottendendo la questione della diaspora, della ricerca di radici e di identità, è invece efficace per parlare del diritto alla memoria.

La questione della condizione femminile, così importante nel mondo di oggi è stata analizzata attraverso tre opere che rimando all’ambiente domestico come possibile luogo della violenza: si tratta dell’istallazione Mirror no.12 (2021) di Silvia Giambrone (2021), nonché di Home Is Where You Leave Your Belt (2019) e di The Fire Bites (2019) di Monica Bonvicini.

Fondamentale il diritto all’infanzia trattato mediante due lavori: il video The Picture of Ourselves (2013) di Rä di Martino che ha per soggetto principale una bambina; e il dittico Self Portrait as my Mother on the Phone e Self Portrait as my Father on the Phone (2019) di Silvia Rosi che, immedesimandosi con i suoi genitori, cerca di riappropriarsi delle sue radici. La mostra si conclude con un affondo sul diritto alla multiculturalità, al quale sono associate le opere di due giovanissimi artisti: Observer les Ètoiles (2021) di Victor Fotso Nyie, Naître au monde, c’est concevoir (vivre) enfin le monde comme relationship #1 (2022), e Paysages Corporels – elle n’est pas déracinée di Binta Diaw.

Biscotti

Come emergono i temi dei diritti umani trattati dagli artisti?

Gli artisti contemporanei esprimono attraverso la loro opera le tematiche sociali del loro tempo, esemplificando, sottolineando, rappresentando i principi della dichiarazione stessa. Il nostro obiettivo è stato quello di sensibilizzare le persone attraverso il linguaggio universale dell’arte e far comprendere quanto l’arte italiana, spesso collegata quasi esclusivamente al Rinascimento e al tema del bello si occupi invece di attualità.

Un allargamento dell’identità artistica del nostro Paese, un respiro multiculturale ben paragonabile e non subalterno all’arte internazionale.

Possiamo quindi parlare di diplomazia culturale?

Direi che questa è l’essenza della diplomazia culturale: utilizzare la nostra arte, la nostra cultura, il nostro patrimonio per esprimere un messaggio politico, a difesa dei nostri valori fondamentali. Guardiamo con ottimismo e fiducia alle generazioni più giovani, alla loro consapevolezza e determinazione, affinché la tutela dei diritti umani sia anche in futuro sempre più tenace e incisiva.

Pistoletto